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Endometriosi Fertilità

12 domande sull’endometriosi

Che esami ci sono da fare per scoprire se si soffre di endometriosi ?

La diagnosi di endometriosi non è semplice, e si basa sulla combinazione di vari fattori:

✅ la storia clinica: cicli emorragici, spesso fin da ragazzina, molto dolorosi, con sintomi che rispondono poco ai farmaci antidolorifici, dolore ai rapporti, dolore alla minzione o defecazione

✅ l’ecografia transvaginale: in mani esperte identifica lesioni a livello ovarico (cisti endometriosiche, dette anche endometrioma), e piccoli impianti che inspessiscono il setto rettovaginale, i legamenti uterosacrali: Segni indiretti di endometriosi sono la scarsa mobilità degli organi pelvici e il dolore alla pressione della sonda ecografica in punti specifici (“trigger point”)

✅ il dosaggio ematico di CA125 è poco sensibile e specifico, identifica meno del 30% dei casi con endometriosi, non va mai fatto in corso di mestruazione, per il rischio di falsi positivi

✅ la risonanza magnetica è un esame di secondo livello, prescritto da centri ospedalieri per l’endometriosi

✅ la videolaparoscopia è l’intervento con cui si vedono direttamente le lesioni endometriosiche e si possono curare. La videolaparoscopia non vede lesioni in sede extrapelvica (ad esempio sottoperitoneali o in sede diversa dall’addome, che possono essere identificate con la risonanza magnetica).

Quanto può ingrandirsi l’endometriosi in un mese se non viene assunta la pillola?

Dipende dal diametro della cisti, da quanto tempo ce l’hai (quindi dall’evoluzione) e soprattutto dai sintomi. Infatti, l’endometriosi non sempre si vede in ecografia, ma spesso ci sono lesioni microscopiche (noduli, aderenze), che possono dare dolore e progredire nel tempo se non curate. Se rifiuti la terapia ormonale la malattia può solo peggiorare, magari te ne accorgi dopo anni che ha preso anche altri organi, come intestino e vescica. In alcune donne, soprattutto oltre i 40 anni, ci può essere un tipo di endometriosi, che non tende a progredire anche senza trattamento, quindi va visto molto bene caso per caso se si può o meno sospendere la terapia. Lo stile di vita e la dieta sono essenziali nel controllare il decorso della patologia, ma da sole spesso non bastano.

Potrò avere figli?

La fertilità è una delle preoccupazioni principali di chi soffre di endometriosi. Una donna sui due affetta da questa patologia, infatti, non riesce ad avere figli e può scegliere se ricorrere alla fecondazione assistita. La gravità dell’endometriosi non predice necessariamente chi è fertile e chi non lo sarà, infatti donne con endometriosi apparentemente lieve possono avere difficoltà a concepire, mentre in altri casi più gravi una gravidanza arriva in modo inaspettato dopo pochi mesi di tentativi. Conviene quindi, se si cerca una gravidanza, fare alcuni mesi di tentativi mirati, in accordo con il proprio ginecologo, prima di intraprendere un percorso di fecondazione assistita.

La fecondazione assistita può essere effettuata anche in caso di presenza di cisti endometriosi ovarica, in alternativa all’intervento chirurgico. La situazione generale verrà poi rivalutata dopo il parto.

Perchè i dottori non ci capiscono niente? Ho girato per anni da diversi specialisti e nessuno mi ha presa in considerazione…!

Purtroppo questa è un’esperienza molto comune. L’endometriosi è una patologia che può rimanere a lungo misconosciuta, si calcola che il ritardo diagnostico può arrivare a 8-10 anni prima di avere una diagnosi certa. Al giorno d’oggi comunque i medici sono più informati e sensibili verso questa patologia, la cui diagnosi definitiva è comunque chirurgica, tramite la videolaparoscopia, un intervento che però è destinato a pochi casi selezionati per gravità, visto che difficilmente è risolutivo.

Come posso sapere quale è il mio stadio di endometriosi?

La stadiazione dell’endometriosi è quella dell’ASRM (American Society for Reproductive Medicine) ed è di tipo chirurgico. Comprende dalla situazione più lieve (in realtà stadio I e II difficilmente arrivano a chirurgia) a quelle più complesse (stadio III e IV), che prevedono in Italia un codice esenzione per patologia. Questo vuol dire che è difficile sapere lo stadio reale di malattia se non si è state operate, ma ci sono comunque alcune metodiche (come ad esempio l’ecografia transvaginale e la risonanza magnetica), che consentono di avere un quadro accurato della situazione in modo non invasivo.

La cosa migliore se si sospetta di avere endometriosi è di rivolgersi a un centro ospedaliero specifico di esperienza, dove si possono avere tutte le indicazioni del caso.

Se mi opero posso guarire?

Purtroppo non è detto, questo è il motivo per cui oggi si tende a ritardare l’intervento chirurgico e a limitarlo ai casi molto gravi e avanzati. L’intervento chirurgico, infatti, rischia di diventare il primo di una serie, più o meno lunga, e di per sé è dannoso poiché crea aderenze e riduce la riserva funzionale ovarica (cioè il numero di follicoli sulle ovaie, correlata con la fertilità) nei casi in cui si interviene su questi organi.

Pertanto, la videolaparoscopia deve essere praticata solo in centri altamente specializzati, al giorno d’oggi non è più giustificabile proporre un intervento in laparotomia (un taglio sulla parte bassa dell’addome) una metodica diventata ormai obsoleta.

Esiste una dieta per l’endometriosi?

Sui siti delle associazioni di pazienti ci sono indicazioni sui cibi da evitare, ma la sensibilità a diversi alimenti è individuale. La cosa migliore sarebbe essere seguiti anche da una nutrizionista e avere un programma dietologico personalizzato. Infatti, seguendo le indicazioni che si trovano su internet si rischia di eliminare molti alimenti, che altrimenti sarebbero tollerati.

La procedura è simile a un nuovo svezzamento, nel senso che bisogna testare la sensibilità a un certo alimento prima eliminandolo e poi reintroducendolo nella dieta (latticini, glutine). In altri casi, certi cibi creano infiammazione e quindi è bene limitarne il consumo (ma questo non vuol dire abolirli completamente dalla dieta). Può essere utile tenere un diario alimentare dove si scrive cosa si mangia e quali sintomi si sono avuti nello stesso periodo (dolore addominale, irregolarità del transito intestinale, difficoltà di digestione).

Tutto questo ha anche un riscontro emotivo: secondo la medicina tradizionale indiana è molto importante non solo cosa si mangia, ma anche come. Ci prendiamo un tempo per mangiare con tranquillità? Abbiamo una buona compagnia? Quali sono le nostre emozioni, e come consumiamo il pasto? Anche solo il modo di masticare influenza in maniera significativa la nostra digestione.

Secondo la Medicina Tradizionale Cinese è importante la qualità degli alimenti (freddo, tiepido, caldo), che è una classificazione che non dipende dalla temperatura dell’alimento. Ad esempio le spezie sono yang, quindi riscaldanti, e sono molto adatte per alimentare il fuoco digestivo e per smuovere la “stasi di sangue”, che caratterizza l’endometriosi.

Come faccio a sapere se ho l’endometriosi all’intestino?

Spesso all’endometriosi si associano sintomi di tipo gastrico o intestinale, ad esempio sensazione di pancia gonfia, difficoltà digestive, stipsi o diarrea. Questo non vuol dire automaticamente che anche questi organi siano interessati da lesioni (noduli o aderenze). L’endometriosi, infatti, produce sostanze infiammatorie, che tramite il fluido peritoneale bagnano gli organi all’interno della cavità addominale. In pratica, stomaco e intestino si ritrovano a bagno in un brodo pieno di sostanze infiammatorie e questo ne può ridurre la funzionalità, come ad esempio la peristalsi (ecco che da qui deriva la famosa pancia gonfia).

E’ stato riscontrato un’anomala flora intestinale nelle donne affette da endometriosi, non si sa bene se questo può essere la causa o la conseguenza dell’endometriosi stessa, ma è molto importante seguire un’alimentazione antiinfiammatoria specifica per questa condizione ed eventualmente aiutarsi con cure di fermenti studiati ad hoc.

E’ fondamentale escludere il morbo celiaco tramite gli esami specifici (anticorpi antitransglutaminasi IgA, IgA totali), e farsi valutare da un gastroenterologo esperto in gluten sensitivity (sensibilità al glutine, che deriva da una anomala reazione ai FODMAPs, zuccheri fermentabili che si associano al glutine). In questi casi, riducendo drasticamente il contenuto in glutine della dieta si potrà avere un maggiore benessere intestinale e generale.

Ho sentito parlare di congelamento ovocitario, in quali casi viene effettuato?

Il congelamento ovocitario è una metodica che serve per preservare la propria fertilità in caso non solo di patologie oncologiche, ma anche nell’endometriosi e nei primi stadi della POI (premature ovarian insufficiency, menopausa precoce). La scelta va discussa in modo approfondito con un ginecologo di un centro specializzato in fertilità.

All’Ospedale di Careggi di Firenze la conservazione ovocitaria viene considerata procedura prioritaria, senza lista d’attesa e senza pagamento di ticket nei casi con riserva ovarica ridotta (meno di 4 follicoli nelle due ovaie, o ormone antimullierano inferiore a 0,4 nmol/L).

Nei centri privati, la spesa si aggira sui 3000 euro, ed è importante affidarsi a un centro con un ottimo laboratorio di embriologia, visto che l’ovocita è un materiale molto delicato.

Mi sento sempre stanca, mi consigliate un rimedio?

La stanchezza cronica può associarsi all’endometriosi ed è una condizione difficile da spiegare dal punto di vista strettamente medico. Infatti si pensa che le sostanze infiammatorie prodotte dall’endometriosi possano influenzare l’attività del sistema nervoso centrale ed interferire con diverse vie neurologiche, come ad esempio quelle che controllano il sonno e l’umore. Inoltre, indirettamente la malattia stessa, tramite lo stress creato dal dolore cronico, predispone a sviluppare questa condizione. Infine, in alcuni casi ci può essere anche una spiegazione psicosomatica, come se la stanchezza si identificasse con una tristezza di fondo e un’insoddisfazione esistenziale.

La stanchezza cronica si può associare a una patologia di interesse reumatologico, considerata anche essa prevalentemente psicosomatica, come la fibromialgia, caratterizzata da dolori diffusi e contratture muscolari, ma con scarsa obiettività clinica (la diagnosi viene fatta per esclusione di altre patologie simili).

La stanchezza cronica viene diagnosticata quando il sintomo persiste oltre i 6 mesi e non trova altra spiegazione medica. Il soggetto (prevalentemente colpisce le donne) si sveglia la mattina già esausto. Nel corso della giornata i sintomi possono migliorare, ma non in tutti i casi.

Come si può trovare un sollievo?

✅ Cercando di migliorare la qualità del sonno notturno, eventualmente aiutandosi con estratti fitoterapici

✅ Praticando una regolare attività fisica, nei limiti delle proprie possibilità (più si sta fermi e più la condizione tende a peggiorare)

✅ Possono aiutare anche alcuni integratori, come il magnesio (che migliora il sonno) e la rhodiola, che ha una funzione adattogena, vale a dire aiuta ad affrontare lo stress

✅ L’agopuntura può essere di aiuto, migliorando il livello di endorfine: agisce sia sul sonno sia sull’umore, e riduce la percezione del dolore cronico

✅ La mindfulness, metodica di meditazione, aiuta a connettere corpo e mente e a trovare un miglior livello di serenità

✅ Un supporto psicologico può aiutare a capire il significato di questo sintomo

Dopo la gravidanza vi sono tornati dolori e tutto il resto o vi è passato tutto?

La gravidanza tende a mettere a riposo l’endometriosi (come anche l’allattamento se la donna rimane in amenorrea, cioè senza ciclo). In alcuni casi questo aiuta a resettare il sistema immunitario che diventa più capace di ripulire l’addome dalle cellule endometriosiche (sono riportati molti casi di regressione dopo la gravidanza). Ma, se la malattia aveva prima un comportamento aggressivo, è possibile che torni nel giro di qualche mese. Per questo motivo è molto importante fare controlli periodici per monitorizzare la situazione e decidere con il proprio medico quando è il momento giusto per ricominciare la terapia ormonale. 

Durante l’allattamento può essere assunta la pillola di solo progestinico, ma non la pillola estroprogestinica. 

La cannabis può aiutare?

La cannabis a uso medico è una terapia contro il dolore efficace e in generale sicura. Gli effetti psicotropi sono più lievi rispetto alle preparazioni per uso ricreativo e tendono a scomparire nel tempo. Viene somministrata sotto forma di tisana, olio o per via inalatoria con diffusori ambientali. Migliora l’umore e la percezione del dolore.

Possibili effetti collaterali iniziali sono nausea, vomito , mal di testa, e in soggetti predisposti allucinazioni o crisi psicotiche. Il principale inconveniente della cannabis è che da quando si inizia la terapia non si può guidare per un vuoto normativo (in pratica basterebbe averla assunta almeno 24 ore prima per poter guidare, ma resta una traccia nel capello con problemi di tipo legale nel caso di incidente stradale).

La cannabis terapeutica può essere prescritta da qualsiasi medico, ma ha una burocrazia molto complicata (serve il consenso informato, la ricetta riporta un codice numerico al posto del nome del paziente, il farmaco deve essere preparato da farmacie autorizzate a farlo e serve una segnalazione del paziente alle autorità regionali – anche se non nominativa- e il medico deve dichiarare che tutte le altre terapie possibili hanno fallito). Per questo è più facile avere la prescrizione presso centri ospedalieri, ad esempio un ambulatorio del dolore o di fitoterapia. In questo caso il farmaco viene dispensato gratuitamente.

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