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Medicina di genere e salute delle donne

1. Donne nella medicina

La medicina nei secoli è sempre stata fatta dagli uomini, con rare eccezioni. Infatti alle donne venivano vietati i percorsi formativi, la donna doveva solo diventare madre.

Le eccezioni: Trotula De Ruggiero, la prima ginecologa, figlia di una famiglia nobile di Salerno, legata alla scuola di medicina salernitana (la prima e più importante scuola di medicina, la cui tradizione inizia nel IX secolo), vissuta intorno all’anno 1000, ma di cui non abbiamo notizie biografiche certe. Dei 3 testi che le furono attribuiti, che parlano delle malattie delle donne, almeno due sono probabilmente di epoca posteriore.

Successivamente, in epoca moderna, si attribuisce a Elizabeth Blackwell il primato di donna laureata in medicina (con molte difficoltà per farsi accettare), siamo in America ed è il 1849. Dopo la laurea si trasferì in Inghilterra, paese di origine della sua famiglia, e fu impiegata in una maternità (tutti gli altri ospedali l’avevano respinta). Tornata in America fondò poi una scuola di medicina per donne, che poi lasciò sua sorella a dirigere, e poi tornata in Inghilterra aprì anche qui un’università di medicina al femminile.

Per secoli, lo studio della medicina era appannaggio esclusivo del genere maschile, attualmente c’è una maggiore parità. Risulta che nel 1990 il 30% dei medici erano donne, contro il 46% del 2015. I dati del 2019, diffusi da poco, ci dicono che il 48% dei medici sono donne, tra gli under 45 i medici donna sono il 63%. (Se consideriamo i dipendenti del SSN nel complesso, con tecnici ed amministrativi, la percentuale diventa intorno al 70%).

2. Donne chirurghe

Se guardiamo i posti di potere, raramente sono occupati da donne.

Nell’ambito della medicina, certe specializzazioni vengono viste come appannaggio delle donne (pediatria, ginecologia), mentre altre sono quasi esclusivamente maschili, come chirurgia generale. Questa viene ritenuta una specializzazione maschile perché richiede resistenza fisica e mancato rispetto degli orari, si coniuga male quindi con le responsabilità della vita familiare. In realtà, uno studio condotto in nord America e pubblicato sul British Medical Journal nel 2017 mostra che le chirurghe donne sono più brave e che i loro pazienti hanno il 4% in meno di mortalità (studio su oltre 100,000 interventi e 3300 chirurghi, di cui 700 donne). (aneddoto: a una mia amica in sala operatoria uno dei nostri primari una volta le disse “certo che a voi piace proprio fare le sartine”).

Quindi, la medicina è stata fatta per centinaia di anni dagli uomini e nasce a misura di uomo (tranne ovviamente per le patologie che sono esclusivamente femminili).

3. Medicina di genere

Solo recentemente si parla di medicina di genere, in cui si considerano i vari aspetti per cui la donna è diversa dall’uomo: la donna non è un uomo in miniatura, ma ha delle caratteristiche peculiari a livello di frequenza con cui si presenta una certa patologia e risposta ai farmaci, in virtù del quadro ormonale, che cambia notevolmente nel corso del ciclo mestruale e con gli eventi fisiologici, come gravidanza, allattamento, menopausa, e per l’utilizzo di farmaci contraccettivi.

Il dosaggio dei farmaci standard (per intendersi, quello da bugiardino) viene calcolato in base a studi fatti sull’uomo medio, che pesa circa 70 kg. Questo fa sì che la frequenza di effetti avversi sia maggiore nella donna.

Solo nel luglio 2020 la medicina di genere entra tra gli argomenti per i quali viene fortemente consigliato l’aggiornamento dei medici ai fini del conseguimento degli ECM (stabilito dalla commissione ECM dopo sollecitazione del Ministero della Sanità).

4, Salute delle donne

Ci sono alcuni aspetti che hanno a che fare con la sopravvivenza stessa della persona.

La donna può avere maggior rischio di morire di patologie, che se prese in tempo sono curabili. Ad esempio i sintomi dell’infarto nella donna possono essere atipici, e c’è un maggior rischio di non riconoscerli. Negli anni la consapevolezza nei confronti di questa patologia, ritenuta quasi esclusivamente maschile, è aumentata e la mortalità femminile si è ridotta, restando comunque più alta rispetto a quella dell’uomo. Il 26% delle donne muore entro un anno dal primo infarto, contro il 19% degli uomini.

In uno studio pubblicato a dicembre 2021 dagli stessi ricercatori canadesi e americani citati nel post 2 (sia uomini che donne, il primo autore è un uomo), su oltre un milione e 300.000 interventi, fatti da 3000 chirurghi, emerge che la discordanza di sesso tra chirurgo e paziente è associata a maggiore probabilità di esiti avversi, soprattutto se il chirurgo è maschio e la paziente femmina (+15%), si parla di morte, complicanze varie che possono insorgere entro un mese dall’intervento. Questo non si verifica se è una donna a operare un uomo.

5, Dolore al femminile

Se pensiamo alle patologie femminili con dolore cronico, ci rendiamo conto di quanto la situazione venga considerata di scarso valore, sia da medici uomini sia da medici donna. Diversi studi scientifici ci dicono che il dolore femminile viene sottostimato, come se fosse più carico di emotività e meno reale, rispetto a quello maschile, che verrebbe espresso meno e sopportato stoicamente. Questo stereotipo colpisce sia l’operatore sanitario sia la gente comune, senza differenze tra uomini e donne, vale a dire è un errore in cui cadono sia i dottori sia le dottoresse. Ciò rappresenta un problema molto importante, dove la mancanza di empatia e di attenzione ha conseguenze anche sul trattamento. In questi studio alle donne con dolore cronico viene consigliato più frequentemente un supporto psicologico, agli uomini vengono prescritti farmaci di tipo oppioide.

Quindi, il dolore femminile viene considerato più teatrale, meno reale, meno meritevole di approfondimenti diagnostici e clinici, e patologie come endometriosi, vulvodinia, fibromialgia richiedono anni di attesa per essere diagnosticate, e la terapia finisce per essere meno efficace visto che la situazione si è già cronicizzata.

Uno studio sull’endometriosi di un importante gruppo italiano del 2013 è stato ritrattato per sessismo: le donne con endometriosi risultavano esteticamente più gradevoli di altre. Ritrattato vuol dire che la sua pubblicazione risulta annullata, anche se l’articolo è ancora reperibile. A seguito di proteste, gli autori si sono scusati e l’hanno ritirato.

6, Donne che si trascurano

C’è anche un altro stereotipo sulla salute delle donne: se da una parte il dolore femminile viene banalizzato e non creduto dalla società, dall’altra parte si ritiene che le donne siano più resistenti alle malattie febbrili. Per il sentito comune, l’uomo è quello che crolla con 37,1°C di febbre, mentre la donna è quella che fino a 38,5 si comporta normalmente. Il punto è non è la sopportazione della febbre, ma il fatto che il lavoro domestico ricade sulla donna a tal punto che le tocca lavorare anche quando sta male. Cioè, o stai malissimo, altrimenti gli altri (il datore di lavoro, i familiari) danno per scontato che certe cose toccano a te comunque.

E c’è anche il problema che le donne tendono a trascurare la propria salute proprio per il fatto di dover pensare prima agli altri. Vengono prima i figli, il marito, e da un certo punto della vita in poi, i genitori anziani. Quando una donna con famiglia arriva ad occuparsi della sua salute, vuol dire che davvero sta male o che iniziano ad esserci problemi più o meno importanti legati all’età e quindi è obbligata a farlo. C’è anche un fatto culturale, ad esempio molte donne dopo la menopausa smettono di andare dal ginecologo, come se quella parte di prevenzione riguardasse solo la funzione ormonale e riproduttiva. Ci si ritrova quindi per molti anni a non vedere un medico, in una fascia di età in cui se viene fuori una patologia, può essere anche una cosa grave.

7, Donne e pavimento pelvico

La mancata cura di sé si esprime anche nella trascuratezza verso situazioni che possono essere risolvibili o migliorabili. Mi riferisco in particolare all’incontinenza urinaria da sforzo, cioè la perdita involontaria di urina a seguito di tosse, starnuti o uno sforzo. E’ un problema legato al rilassamento del pavimento pelvico, che può avvenire a seguito di gravidanze o con l’età. Si finisce per dare per normale farsi la pipì addosso a 40 anni e ci si gestisce con pannoloni vari, senza nemmeno dirlo al medico o cercare un aiuto specialistico.

Se invio le donne a una fisioterapia del pavimento pelvico, per loro è anche difficile trovare il tempo per farlo e per avere cura di sé. Inoltre, diventa una spesa in più, visto che nel SSN i servizi dedicati sono pochi (e tra l’altro, per la pandemia erano stati chiusi perché ritenuti non essenziali).

8. Medicina patriarcale

Medicina patriarcale è anche quella che decide sul corpo degli altri: con l’obiezione di coscienza contro l’aborto volontario, ad esempio, ma non solo. In molti casi di endometriosi molto grave, resistente alle terapie mediche e con dolore che non si risolve nemmeno con la chirurgia, giovani donne si trovano a richiedere una chirurgia demolitiva, quindi di togliere l’utero e/o le ovaie. Va da sé che sotto i 40 anni nessun chirurgo si presterebbe a un intervento di questo tipo nemmeno con le suppliche, perché è d’obbligo conservare la funzione riproduttiva perché si potrebbe sempre cambiare idea. Questo vuol dire dare per scontato che tutte le donne prima o poi abbiano il desiderio di avere figli e che se non li facessero finirebbero per pentirsene, un costrutto sociale tipicamente patriarcale.

La decisione sul corpo dell’altro è anche quando ad esempio si nega il ricorso all’epidurale. La partoanalgesia è nei livelli essenziali di assistenza (LEA) solo dal 2017 e tutti gli ospedali ostetrici devono assicurare la possibilità di accedere al percorso. In realtà solo il 20% delle donne vi ricorre, e non sempre chi non lo fa è per loro scelta. E anche quando si pratica un cesareo non necessario, che ha conseguenze sulla salute della donna e sulla fertilità futura.

9, Violenza ostetrica

C’è stato un dibattito molto acceso in Italia alcuni anni fa riguardo alla violenza ostetrica, che si riferisce alla violenza degli operatori sanitari nei confronti delle donne che stanno partorendo. Questo si può declinare in vari modi: dall’insulto più o meno sessista al rifiuto di far muovere liberamente la partoriente, di avere un/una compagno/a insieme a lei, al fatto di praticare atti medici più o meno invasivi senza anestesia (raschiamento, secondamento manuale, apposizione di punti) e senza avvertimento (che configura la mancanza del consenso). Osservatorio Violenza Ostetrica ha fatto uno studio che questo avviene nel 20% dei parti in Italia, una indagine di AOGOI (che è la principale associazione di ginecologi italiani) ci dice che il dato reale sarebbe intorno al 4-5%, che è comunque alto. C’è da considerare che i corsi preparto non danno un’immagine realistica di quello che avviene in sala parto, e quindi la donna arriva poco preparata, anche dal punto di vista psicologico. Alcune donne poi possono avere delle fragilità personali (o un vero e proprio disturbo d’ansia), ma non sempre queste vengono identificate e la donna viene inviata a supporto psicologico individuale (“psicoprofilassi ostetrica” – che è un intervento di counselling – o una vera e propria psicoterapia), perchè c’è anche un tabù culturale legato al rivolgersi a uno psicologo. La pandemia ha condannato la donna al vivere in parto in solitudine e ha peggiorato lo stato delle cose.

Quello che auspichiamo è una Medicina, che metta al centro la persona nella sua unicità secondo un approccio detto bio-psico-sociale, dove si valorizza anche il contesto in cui vive la persona e il suo sistema di valori. Una teoria non recentissima, ma ancora di difficile applicazione.

Ascolta il podcast “Cara sei maschilista” il nostro episodio sulla medicina di genere e il dolore femminile

https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=55613

https://www.donnamoderna.com/news/societa/chirurghe-donne

https://jamanetwork.com/journals/jamasurgery/article-abstract/2786671?utm_campaign=articlePDF&utm_medium=articlePDFlink&utm_source=articlePDF&utm_content=jamasurg.2021.6339

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/26811316/

https://www.ahajournals.org/doi/epub/10.1161/CIR.0000000000000351

https://www.aogoi.it/notiziario/donne-ssn/?utm_source=NewsletterE&utm_medium=Email&utm_campaign=NLA20220124114016

https://www.fertstert.org/article/S0015-0282(12)02127-9/pdf

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