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  1. Quando è indicata la diagnosi invasiva
  2. Amniocentesi
  3. Villocentesi
  4. Scelta tra amniocentesi e villocentesi
  5. Cordocentesi

Quando è indicata la diagnosi invasiva

La diagnosi invasiva è indicata:

  • in donne di età superiore ai 35 anni al momento del parto
  • genitore portatore di riarrangiamento cromosomico strutturale o di aneuploidia dei cromosomi sessuali
  • precedente nato con anomalia cromosomica
  • malformazione fetale identificata ecograficamente
  • test di screening (translucenza nucale o triplo test) positivo
  • ricerca di agenti infettivi nel liquido amniotico
  • studio del DNA fetale
  • determinazione di metaboliti nel liquido amniotico

Prima della diagnosi invasiva deve sempre essere eseguita la consulenza genetica. Deve inoltre essere firmato un consenso scritto alla procedura da effettuare.


Amniocentesi

L’amniocentesi è un prelievo di liquido amniotico, che si esegue dopo la 16° settimana di gestazione per via transaddominale, sotto controllo ecografico continuo. Il rischio di aborto è 1%.

 

L’amniocentesi si esegue introducendo un ago attraverso la parete addominale materna. Non è necessario l’utilizzo di farmaci analgesici, antibiotici o tocolitici (cioè che inibiscano le contrazioni uterine). Prima dell’amniocentesi si esegue un controllo ecografico, allo scopo di verificare la posizione del feto e della placenta e la biometria fetale (per accertare le dimensioni fetali e quindi l’epoca gestazionale). L’operatore sceglierà il punto più idoneo per l’inserimento dell’ago. Non c’è rischio di lesioni fetali dirette, poichè il prelievo viene eseguito sotto controllo ecografico continuo. Si aspira una piccola quantità di liquido amniotico (pochi ml, tanti quante sono le settimane di gestazione). Dopo l’estrazione dell’ago, si effettua ecografia di controllo per visualizzare il battito cardiaco fetale.

Nelle pazienti Rh negative si esegue sieroprofilassi con immunoglobuline anti-D.

Il liquido amniotico viene inviato al laboratorio per l’analisi. Le cellule vengono fatte crescere su un apposito terreno di coltura, questo richiede un certo tempo (generalmente intorno a 2 settimane).

L’amniocentesi non è particolarmente dolorosa, viene descritta meno dolorosa di un semplice esame del sangue. Dopo la procedura è consigliabile riposo per due giorni. Nel caso in cui si verifichino perdite ematiche o di liquido amniotico, dolore pelvico intenso (lievi dolori tipo crampi mestruali possono essere normali), è bene rivolgersi immediatamente al medico.

Rischi dell’amniocentesi

Il rischio di aborto è dell’1%. Operatori particolarmente esperti riportano nelle loro casistiche rischi di circa lo 0.5%. Tuttavia, il rischio non può mai essere zero, perchè è la procedura stessa, cioè l’inserimento di un ago attraverso la parete uterina ed il sacco amniotico, che può causare rottura delle membrane e contrazioni uterine.

Nello 0,2% dei casi le cellule in coltura non riescono a crescere, e non è quindi possibile ottenere il risultato. In questo caso può essere ripetuta l’amniocentesi. In caso di mosaicismo cellulare (cioè la presenza di cellule con corredo genetico diverso nello stesso prelievo, 0,2-0,5% dei casi), può essere indicata la cordocentesi per il chiarimento diagnostico.

 

Cosa si vede con l’amniocentesi

Si evidenzia la presenza di anomalie del cariotipo, quali la sindrome di Down, e la presenza di riarrangiamenti cromosomici visibili al microscopio. Non si ricercano le malattie genetiche se non c’è un’indicazione precisa, come precedenti casi in famiglia di una certa malattia. Questo perchè le malattie genetiche sono migliaia, e non è possibile testarle tutte. E’ quindi possibile che, nonostante il risultato del cariotipo sia normale, il bambino nasca con una malattia genetica.


Villocentesi

La villocentesi è un prelievo dalla placenta, che si esegue dopo la 10° settimana di gestazione per via transaddominale, sotto controllo ecografico continuo. Il rischio di aborto è 1%.

La villocentesi si esegue introducendo un ago attraverso la parete addominale materna. Non è necessario l’utilizzo di farmaci analgesici, antibiotici o tocolitici (cioè che inibiscano le contrazioni uterine). Prima della villocentesi si esegue un controllo ecografico, allo scopo di verificare la posizione del feto e della placenta e la biometria fetale (per accertare le dimensioni fetali e quindi l’epoca gestazionale). L’operatore sceglierà il punto più idoneo per l’inserimento dell’ago. Non c’è rischio di lesioni fetali dirette, poichè il prelievo viene eseguito sotto controllo ecografico continuo. Si effettua il prelievo di piccoli frammenti placentari. Dopo l’estrazione dell’ago, si effettua ecografia di controllo per visualizzare il battito cardiaco fetale.

Nelle pazienti Rh negative si esegue sieroprofilassi con immunoglobuline anti-D.

I frammenti placentari (villi coriali) vengono inviato al laboratorio per l’analisi. Le cellule vengono fatte crescere su un apposito terreno di coltura, questo richiede un certo tempo (generalmente un paio di giorni per il risultato del test diretto, intorno a 2 settimane per la coltura completa).

La villocentesi non è particolarmente dolorosa, ma può essere fastidiosa, soprattutto quando si muove l’ago durante il prelievo. Dopo la procedura è consigliabile riposo per due giorni. Nel caso in cui si verifichino perdite ematiche o di liquido amniotico, dolore pelvico intenso (lievi dolori tipo crampi mestruali possono essere normali), è bene rivolgersi immediatamente al medico.

Rischi della villocentesi

Il rischio di aborto è dell’1%.

Nello 0,5-1% dei casi si può verificare il fallimento dell’esame citogenetico. In questo caso può essere ripetuto il prelievo.

Nell’ 1% dei casi all’esame citogenetico si evidenzia la presenza di mosaicismo cellulare (cioè la presenza di cellule con corredo genetico diverso nello stesso prelievo). Può essere indicata l’amniocentesi o la cordocentesi per il chiarimento diagnostico.

Cosa si vede con la villocentesi

Si evidenzia la presenza di anomalie del cariotipo, quali la sindrome di Down, e la presenza di riarrangiamenti cromosomici visibili al microscopio. Non si ricercano le malattie genetiche se non c’è un’indicazione precisa, come precedenti casi in famiglia di una certa malattia. Questo perchè le malattie genetiche sono migliaia, e non è possibile testarle tutte. E’ quindi possibile che, nonostante il risultato del cariotipo sia normale, il bambino nasca con una malattia genetica.

 


Scelta tra amniocentesi e villocentesi

La villocentesi viene effettuata di solito a 11-12 settimane. In caso di risultato patologico l’eventuale interruzione di gravidanza può essere effettuata mediante raschiamento uterino sotto sedazione (in pratica si dorme per 5 minuti). Il limite di legge per interrompere la gravidanza con un raschiamento è 12 settimane + 6 giorni.

L’amniocentesi si effettua solitamente a 16-18 settimane. In caso di risultato patologico l’interruzione di gravidanza viene effettuata attraverso l’induzione del travaglio abortivo, sotto analgesia. Fa seguito l’eventuale raschiamento uterino se occorre l’eliminazione di frammenti placentari residui. Il limite di legge per interrompere la gravidanza secondo questa modalità è intorno alla 23° settimana. Non esiste però un limite netto: è importante ricordare che se il feto mostra segni di vita alla nascita, esso verrà rianimato.

 

Alcuni riportano per la villocentesi un rischio di aborto superiore rispetto all’amniocentesi. In realtà il rischio di aborto di base nel primo trimestre è più alto, cioè molti più feti vengono abortiti spontaneamente nel primo trimestre rispetto a secondo trimestre. In mani esperte, l’amniocentesi e la villocentesi hanno rischi di aborto sostanzialmente sovrapponibili.

 

La scelta tra amniocentesi e villocentesi dipende da vari fattori. Ad esempio la villocentesi viene eseguita solo in pochi centri, perchè richiede operatori di maggiore esperienza. Inoltre il laboratorio è attrezzato per gestire solo un certo numero di prelievi. Infine, se la decisione di effettuare diagnosi invasiva viene presa dopo la 13° settimana, non ha senso effettuare la villocentesi (eccetto in casi selezionati), perchè non cambia la modalità dell’eventuale interruzione di gravidanza (induzione del travaglio abortivo dopo la 13° settimana, come previsto dalla legge 194/78).


Cordocentesi

La cordocentesi è un prelievo di sangue fetale, che viene eseguito a scopo diagnostico e/o terapeutico, dopo la 18° settimana di gestazione.

Indicazioni

  • studio di parametri ematologici fetali (ad esempio valutazione dei livelli di emoglobina, nei casi in cui si sospetti anemia fetale)
  • determinazione rapida del cariotipo fetale (la risposta si ottiene in circa 48 ore)
  • terapie mediche fetali (ad esempio trasfusione in utero)
  • ricerca di agenti infettivi

Si esegue introducendo un ago attraverso la parete addominale materna. Non è necessario l’utilizzo di farmaci analgesici, antibiotici o tocolitici (cioè che inibiscano le contrazioni uterine). Prima della cordocentesi si esegue un controllo ecografico, allo scopo di verificare la posizione fetale e placentare. L’operatore sceglierà il punto più idoneo per l’inserimento dell’ago, di solito a livello dell’inserzione placentare del cordone, in un’ansa libera o nella parte intraepatica della vena ombelicale. Dopo l’estrazione dell’ago, si effettua ecografia di controllo per valutare l’eventuale presenza di sanguinamento dalla sede del prelievo o di bradicardia fetale.

Nelle pazienti Rh negative si esegue sieroprofilassi con immunoglobuline anti-D.


Rischi della cordocentesi

Il rischio di aborto dopo cordocentesi è del 2%, il doppio rispetto all’amniocentesi, ma può aumentare ulteriormente, in presenza di patologie fetali, che condizionino un aumento del rischio di morte in utero (ad esempio nel caso di idrope).

 

 

Prossimo argomento di questa sezione: le anomalie del cariotipo fetale più frequenti e le malformazioni ad esse associate.