di Valentina Pontello
 

Cause di anemia fetale

L’anemia fetale è una condizione in cui diminuisce la concentrazione dei globuli rossi nel sangue.

Le cause comprendono:

  • infezione da Parvovirus
  • isoimmunizzazione materno-fetale
  • trasfusione feto-fetale (in gravidanze gemellari monocoriali)
  • emoglobinopatie (malattie ereditarie in cui c’è un difetto di produzione dell’emoglobina)
  • emorragia materno-fetale (ad esempio nel distacco di placenta)

Le più frequenti sono le prime due riportate.

 

Infezione da Parvovirus

Il Parvovirus B19 è un virus molto comune, che tende a dare epidemie soprattutto nelle comunità scolastiche.

La malattia legata al Parvovirus è detta quinta malattia, e i suoi sintomi comprendono febbre, eruzione cutanea, dolori muscolari. Tuttavia, nel 15% dei soggetti l’infezione è del tutto asintomatica. Generalmente il Parvovirus non dà grossi problemi nell’adulto, ma può essere dannoso in gravidanza. L’1,5% delle donne si infetta durante la gestazione, e il virus può dare infezione fetale in un terzo di questi casi.

Infatti il Parvovirus può attraversare la placenta, e attacca preferenzialmente le cellule progenitrici dei globuli rossi fetali, distruggendoli e causando anemia. Non sempre questo si verifica, perchè specie nel terzo trimestre il feto ha un sistema immunitario più attivo ed è in grado di eliminare più efficacemente il virus. Il periodo più critico per l’infezione è il secondo trimestre, quando la proliferazione dei progenitori dei globuli rossi è massima.

Lo stato di anemia è comunque transitorio e c’è la possibilità di effettuare terapia tramite trasfusione in utero.

 

Isoimmunizzazione materno-fetale

L’isoimmunizzazione materno-fetale è una condizione in cui il sistema immunitario materno si attiva contro antigeni presenti sui globuli rossi fetali. Il caso più frequente è l’incompatibilità Rh, ma con l’introduzione del cosidetto “vaccino” (immunoglobuline anti-D, nome commerciale Partobulin ®), da praticare a tutte le madri Rh negativo dopo procedure invasive (amniocentesi, villocentesi) e dopo il parto di feto Rh positivo, sono emersi casi di immunizzazione verso antigeni più rari. Altre situazioni in cui la profilassi anti-D può essere necessaria sono: raschiamento per aborto spontaneo o volontario, sanguinamento in gravidanza, specialmente se abbondante, dopo un trauma (ad esempio per caduta o incidente stradale). Tutte le gestanti Rh negative devono ricevere una dose di immunoglobuline anti-D intorno alle 28 settimane come profilassi, anche in assenza di altri fattori di rischio. 

L’immunizzazione avviene quando la madre ed il padre sono portatori di antigeni diversi sui globuli rossi. La madre si immunizza contro tali antigeni in occasione di vari eventi, come trasfusioni, parto, aborti, morti intrauterine, uso di droghe per via endovenosa. Se il feto è portatore dello stesso antigene del padre, allora c’è il rischio che sviluppi anemia. Infatti gli anticorpi materni possono attraversare la placenta e distruggere i globuli rossi fetali. Nel caso di prima immunizzazione (cioè nel primo contatto con l’antigene Rh positivo), i rischi sono non per la gravidanza in corso, ma per le successive. Il test da eseguire per sapere se la madre ha sviluppato anticorpi anomali contro i globuli rossi si chiama test di Coombs indiretto, ed è di routine nel primo trimestre e va poi ripetuto nel corso della gravidanza. Oggi è possibile sapere con elevata accuratezza se il feto è Rh positivo, tramite il test NIPT, che ricerca il DNA fetale nel sangue materno. 

 

Come si fa la diagnosi di anemia fetale

La diagnosi di anemia fetale viene fatta ecograficamente, attraverso la flussimetria dell’arteria cerebrale media. In passato a questo scopo veniva usata l’amniocentesi, ora non è più necessario sottoporsi a metodiche invasive,con rischio di aborto.

Come funziona la flussimetria dell’arteria cerebrale media:

Quando la concentrazione dei globuli rossi diminuisce, il sangue diventa meno viscoso, e la velocità nei vasi fetali aumenta. Il parametro che noi misuriamo si chiama PSV (peak systolic velocity), che vuol dire massima velocità al momento della contrazione cardiaca. Il valore viene riportato su un grafico, quando si supera il limite di riferimento (1,5 MoM, ossia multipli della mediana), allora si pone il sospetto di anemia fetale, che dovrà essere riconfermato da un controllo a distanza di un paio di giorni.

Affidabilità

La flussimetria dell’arteria cerebrale media ha una sensibilità vicina al 100% con un tasso di falsi positivi del 12%. Il che significa che identifica pressochè tutti i feti affetti da anemia, ma nel 12% dei casi il feto non è realmente anemico.

Altri segni ecografici di anemia comprendono la presenza di versamenti nelle sierose e di idrope (aumento di liquido generalizzato nei tessuti fetali).

 

Cosa fare se il feto è anemico

Se si sospetta una condizione di anemia, allora verrà eseguito un prelievo di sangue fetale, o cordocentesi.

Se anche la cordocentesi conferma che il feto è realmente anemico, allora si eseguirà trasfusione in utero.

Con un software si calcola la quantità di globuli rossi da trasfondere, a seconda dell’epoca gestazionale, del peso del feto, e del valore di emoglobina fetale.

Talora è necessario ripetere le trasfusioni nel corso della gravidanza, se controlli successivi evidenziano il ripresentarsi dell’anemia.