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Patologia della gravidanza

Dopo diabete gestazionale o gestosi è importante prevenire le complicanze a lungo termine

Alcuni dati scientifici indicano che una donna con precedenti complicanze ostetriche, quali diabete gestazionale o preeclampsia (specie se precoce o ripetuta), è a maggior rischio di malattie cardiovascolari (quali ischemia coronarica, ipertensione, ictus) e diabete tipo 2, che aumentano almeno del doppio rispetto alla popolazione generale.

famiglia che fa esercizio fisico

Infatti, la gravidanza rappresenta una prova da sforzo per l’organismo, e lo sviluppo di complicanze ostetriche può denotare scarsa capacità di adattamento, dal punto di vista circolatorio o metabolico, con l’insorgere di condizioni patologiche anche a diversi anni di distanza. Questo è un dato molto importante, visto che nella donna le malattie cardiovascolari si associano a riduzione della qualità e dell’aspettativa di vita, importanti costi sociali e alta mortalità. Ad esempio, nel sesso femminile l’ischemia cardiaca si può presentare con sintomi atipici, e le condizioni precliniche associate (ad esempio vasculopatia e flogosi vascolare) sono difficili da identificare e da trattare.

Di questo si parla poco, ma l’American Heart Association ci dice che le donne che hanno avuto complicanze gravidiche dovrebbero essere particolarmente seguite dal punto di vista della prevenzione cardiovascolare. Molte donne (e i loro medici) non sono consapevoli di questo rischio e non è previsto un follow-up di routine. Invece, è molto importante agire e promuovere lo stile di vita, soprattutto per i fattori modificabili, quali:

  • smettere di fumare. Come è ben noto, il fumo aumenta il rischio di complicanze ostetriche e di salute generale ed è un fattore evitabile. Per chi ha difficoltà a smettere, può essere utile un counselling psicologico, o il ricorso alla medicina naturale (mindfulness, agopuntura), e in alcuni casi a farmaci, da assumere sotto controllo medico.
  • rientrare nel peso forma, seguire un’alimentazione corretta. Gli esperti consigliano una dieta mediterranea, ricca di frutta, cereali integrali, latticini non grassi, carne bianca, pesce, legumi, oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi e noci. Meno del 5-6% delle calorie devono essere apportate da grassi saturi.
  • praticare regolarmente esercizio fisico. Servono sessioni di esercizio moderato o intenso per 40 minuti al giorno, almeno 3-4 volte alla settimana. Una donna con figli piccoli spesso ha difficoltà a trovare tempo per sé stessa, ma può essere incoraggiata ad esempio a indossare un podometro per essere più consapevole del suo livello di attività e quindi motivata a raggiungere il traguardo dei 10.000 passi al giorno.
  • tenere sotto controllo la pressione arteriosa. Se la pressione rimane alta oltre 3 mesi nel postpartum, deve essere definita come “ipertensione cronica”. Le strategie per tenere la pressione nel range di normalità (cioè al di sotto di 140/90) includono il trattamento farmacologico (che può essere continuato durante l’allattamento), oltre all’intervento sugli stili di vita, come sopra discusso. Se ci sono anche fattori legati allo stress, la consulenza psicologica e la mindfulness possono essere di aiuto.

Le visite annuali dal medico di base devono quindi diventare un’occasione per rivalutare lo stato di benessere generale e il rischio cardiovascolare, che nella donna viene sottovalutato, ma che purtroppo dopo la menopausa raggiunge gli stessi livelli statistici dell’uomo. Le linee guida dell’ACOG (American College of Obstetricians and Gynecologists) raccomandano un controllo annuale della pressione arteriosa e del profilo lipidico e metabolico (colesterolo, trigliceridi, glicemia) e del peso corporeo nelle donne con una storia di preeclampsia. Nelle donne con precedente diabete gestazionale, il rischio cardiovascolare è raddoppiato, anche in coloro che non sviluppano diabete mellito di tipo 2, nei 10 anni successivi alla gravidanza. Questo ci indica che la sorveglianza deve essere attenta e continua.

Dal punto di vista del metabolismo glicidico, le donne che hanno avuto il diabete gestazionale hanno un rischio 7 volte aumentato di sviluppare diabete di tipo 2. L’ACOG raccomanda quindi un controllo della glicemia tra le 6 e le 12 settimane dopo il parto per verificare che i livelli ematici siano tornati alla norma, e poi uno screening annuale per il diabete se la glicemia a digiuno rimane aumentata. Se i livelli di glucosio sono normali alla visita postpartum, l’American Diabetic Association raccomanda di fare una curva glicemica dopo un anno dal parto e poi a seguire ogni 3 anni.  

Una motivazione che deve spingere ad assumere uno stile di vita sano è che il fattore di rischio riguarda non solo la donna, ma tutta la famiglia. In primo luogo il figlio, che ha una programmazione metabolica per essere vissuto per 9 mesi in ambiente ad alta concentrazione di glucosio, e che da adulto avrà maggiori probabilità di sviluppare complicanze metaboliche e cardiovascolari. Ma anche il marito, che condivide con la madre le abitudini di vita, presenta un rischio aumentato di sviluppare diabete mellito di tipo 2 di circa il 33%. Questo significa che tutta la famiglia deve essere sensibilizzata verso uno stile di vita più salutare. Le buone abitudini possono essere contagiose, se la madre smette di fumare, fa più esercizio e dedica tempo alla cura della sua persona, questo avrà dei riflessi positivi anche sugli altri componenti della famiglia.

Bibliografia

Mehta PK et Al. Adverse pregnancy outcomes and cardiovascular risk factor management. Semin Perinatol. 2015 Jun;39(4):268-75.

Nielsen K et Al.  Danish Diabetes Academy Workshop and Workshop Speakers. Prevention of Type 2 diabetes after gestational diabetes directed at the family context: a narrative review from the Danish Diabetes Academy symposium. Diabet Med. 2018 Jun;35(6):714-720.

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