di Valentina Pontello

  1. Introduzione: lo screening per la sindrome di Down
  2. Che cos’è il Test combinato o Duo test: translucenza nucale + prelievo ematico materno
  3. Accuratezza
  4. Cosa vuol dire se il risultato è positivo
  5. Che fare se il risultato è positivo
  6. Altre anomalie cromosomiche
  7. I markers aggiuntivi nel rischio intermedio
  8. Test combinato: non solo sindrome di Down
  9. Altri test di screening
  10. Lo screening per la sindrome di Down nella gravidanza gemellare

Introduzione: lo screening per la sindrome di Down

Ogni donna ha un certo rischio di avere un figlio affetto da sindrome di Down. Tale rischio aumenta all’aumentare dell’età materna (vedi tabella).

età materna rischio a termine di gravidanza
20 1:1527
25 1:1352
30 1:895
31 1:776
32 1:659
33 1:547
34 1:446
35 1:356
36 1:280
37 1:218
38 1:167
39 1:128
40 1:97
41 1:73
42 1:55
43 1:41
44 1:30
45 1:23

Il limite di età, oltre il quale la diagnosi invasiva viene offerta gratuitamente (35 anni compiuti al momento del parto), dipende da motivazioni di spesa sanitaria e non da fattori biologici. Niente rende una donna che partorisce a 34 anni diversa da una di 35. Anche donne giovani possono avere un figlio Down, ma con frequenza assai minore. E’ però improponibile fare l’amniocentesi a tutte le donne, poichè, a parte i costi sanitari, l’amniocentesi (o la villocentesi) sono metodiche invasive, che hanno un rishio di aborto di circa l’1%. Pertanto, se si facesse l’amniocentesi a tutte, per identificare pochi feti Down (circa 1:700 nati) si sacrificherebbe una quantità enorme di bambini sani.

Per identificare le donne a rischio di sindrome di Down, indipendentemente dall’età, sono stati messi a punto alcuni test, che calcolano il rischio in modo non invasivo.

 

Per quanto riguarda il concetto di rischio in generale, immaginate di avere in mano un sacchetto che contiene 1000 palline, di cui tutte sono bianche tranne una che è nera. In questo caso il rischio di pescare quella nera è uno su 1000. Se il sacchetto contenesse 100 palline, di cui una nera, il rischio di pescare quella nera è 1 su 100, il rischio è quindi maggiore rispetto al caso precedente. Analogamente, immaginiamo invece di avere in una stanza 1000 donne, di cui una ha un feto Down. Il rischio può essere convertito in percentuale: 0.1% di  rischio di avere un feto Down.

Il rischio di sindrome di Down e il rischio di aborto dopo un’amniocentesi vengono messi sui piatti di una bilancia: se una donna ha un rischio di sindrome di Down di 1 su 1000, sapendo che il rischio di aborto dopo amniocentesi è 1 su 100, questo vuol dire che il rischio di abortire è 10 volte più alto del rischio di avere un feto Down.


Che cos’è il Test combinato

Il test combinato è un test di screening per la sindrome di Down, che calcola il rischio sulla base di tre parametri: l’età materna (rischio di base, che è il rischio per età), lo spessore della translucenza nucale ed un prelievo ematico per il dosaggio di free-betaHCG e PAPP-A.

La translucenza nucale è lo spessore della cute del feto a livello del collo (vedi figura) ed è presente in tutti i feti. Quando tale spessore aumenta, aumenta il rischio della sindrome di Down (immagini tratte dal sito fetalmedicine.com).

La misurazione della translucenza nucale viene eseguita nel primo trimestre, tra le 11+0 e le 13+6 settimane di gestazione, quando il CRL (misura della lunghezza fetale, misurata tra il vertice del cranio e l’osso sacro) è compreso tra 45 e 84 mm. Se il CRL è inferiore a 45mm, verrà prenotato un altro appuntamento nella settimana successiva. Se il CRL è superiore a 84 mm, non sarà possibile eseguire il test.

Il software per il calcolo del rischio di avere un feto affetto dalla sindrome di Down si basa su studi effettuati su oltre 100.000 pazienti, pubblicati dal gruppo di Professor K. Nicolaides del King’s College Hospital di Londra. La misurazione della translucenza nucale viene eseguita secondo determinati criteri, e solo gli operatori accreditati (che cioè hanno superato con successo un esame teorico e una prova pratica) possono eseguire tale misurazione. La lista degli operatori accreditati è disponibile sul sito della Fetal Medicine Foundation (vedi sezione links). Per garantire la qualità dell’esame, tutti gli operatori devono rinnovare la propria licenza annualmente, sottoponendosi a un’audit, vale a dire che devono dare prova di rispettare i criteri richiesti. 


Accuratezza

Il test combinato identifica il 90% dei feti affetti da sindrome di Down, ma ne perde il 10%. Nessun test di screening raggiunge l’accuratezza del 100%. Se si vuole essere sicuri al 100% che il feto non abbia la sindrome di Down, è necessario fare l’amniocentesi o la villocentesi. Queste sono però procedure invasive, che hanno un rischio di aborto dell’1%.

Il tasso di falsi positivi è di circa il 5%: significa che in alcuni casi il risultato del test è positivo (cioè alto rischio), ma il feto è sano.

Bisogna infatti ricordare che il duo test non è un test diagnostico, quindi non ha lo scopo di dire se il feto è Down o no, ma è un test di screening, eseguito allo scopo di identificare i casi a maggior rischio, indipendentemente dall’età materna, al fine di indirizzarli verso la diagnosi prenatale invasiva. Praticamente è una rete, nella quale vengono “pescati” i rari casi patologici, insieme a molti “sani” (appunto i falsi positivi).

 

Cosa vuol dire se il risultato è positivo

Risultato positivo significa alto rischio, cioè rischio calcolato superiore a 1 su 250.


Che fare se il risultato è positivo

Se il rischio calcolato è superiore a 1 su 250, viene offerta gratuitamente la diagnosi prenatale invasiva, previa consulenza genetica.

Le opzioni a disposizione sono due: amniocentesi o villocentesi, a seconda dell’epoca gestazionale e delle preferenze della paziente. La villocentesi ha il vantaggio di un risultato più rapido. 

Cosa vuol dire se la translucenza nucale è aumentata

Una translucenza nucale notevolmente aumentata (oltre 3.5mm) può essere legata a diversi tipi di patologie, non solo cromosomiche:

  • malformazioni cardiache
  • sindromi genetiche

Oltre al cariotipo standard il genetista potrà richiedere un esame più approfondito, il CGH array, che consente di evidenziare piccoli difetti del DNA (ad es. microdelezioni e microduplicazioni) non visibili con la metodica standard. Se il risultato della villocentesi è normale, l’iter prevede uno studio accurato dell’anatomia cardiaca e l’ ecografia di secondo livello 20 settimane. La presenza di translucenza nucale molto elevata è associata ad alto rischio di morte in utero.

Altre anomalie cromosomiche

Con il primo test si calcola anche il rischio di trisomia 13 (sindrome di Patau) e trisomia 18 (sindrome di Edwards), patologie caratterizzate da malformazioni multiple, nella grande maggioranza dei casi incompatibili con la vita.

Rischio intermedio: i markers aggiuntivi del primo trimestre

Nei casi in cui c’è il dubbio se sottoporsi o meno alla diagnosi prenatale invasiva, ed il risultato del test combinato è un rischio compreso tra uno su 250 e uno su 1000, esiste la possibilità di valutare dei markers aggiuntivi. Se il marker, che verrà scelto in base all’esperienza e alle preferenze dell’operatore, è assente, non si esegue la diagnosi prenatale invasiva. Se il marker è presente, il rischio aumenta ed è indicato eseguire villocentesi o amniocentesi.

Nel primo trimestre è possibile valutare:

  • ossa nasali
  • dotto venoso: la presenza di dotto reverse aumenta il rischio di anomalie cromosomiche, anomalie cardiache, aborto
  • flussimetria della valvola tricuspide: il rigurgito della tricuspide si associa ad anomalie cromosomiche ed anomalie cardiache

Questa metodica (ricerca dei markers aggiuntivi) viene ritenuta sorpassata con l’avvento del test del DNA fetale (NIPT), che ha un’elevata accuratezza, che per la sindrome di Down sfiora il 100%.

Test combinato: non solo sindrome di Down

Il test combinato dà altre informazioni: il dosaggio della PAPP-A è indicativo della funzione placentare. Trovare il valore della PAPP-A inferiore a 0,4 MoM è una indicazione all’esecuzione della flussimetria delle arterie uterine a 22-24 settimane. Il test completo per lo screening della gestosi prevede anche il dosaggio del PlGF (Placental Growth Factor) insieme alla flussimetria delle arterie uterine a 11-13 settimane, e la valutazione della pressione arteriosa materna.


Altri test di screening

Altri test di screening comprendono:

Test integrato

Consiste nell’effettuazione nel primo trimestre della translucenza nucale e del dosaggio della PAPP-A, e a 16 settimane dosaggio free-betaHCG, estriolo non coniugato e alfafetoproteina. Identifica il 97% de feti Down, con il 2% di falsi positivi. Lo svantaggio consiste nel fatto che il risultato è disponibile nel secondo trimestre, quando ormai la villocentesi non può più essere effettuata.

Triplo test

calcolo del rischio sulla base di età materna e dosaggio ematico di free-beta HCG, alfafetoproteina e estriolo non coniugato a 16 settimane. Sensibilità intorno al 70%, tasso di falsi positivi 10% (il che vuol dire che nel 10% di tutte le donne, il test viene ad alto rischio per feti sani, esponendoli inutilmente al rischio di aborto legato all’amniocentesi). Può essere proposto a chi si accorge della gravidanza dopo il primo trimestre. 

ATTENZIONE:  se si è già eseguito il test combinato NON BISOGNA eseguire anche il triplo test. Quest’ultimo infatti è meno accurato, e un test positivo può generare ansia inutilmente.

Lo screening per la sindrome di Down nella gravidanza gemellare

vedi sezione sulla gravidanza gemellare.

Dopo la translucenza nucale: continua a leggere, vedi la sezione su screening della sindrome di Down nel secondo trimestre tramite l‘ecografia genetica.

Links

Fetal Medicine Foundation: informazioni sulla translucenza nucale per le pazienti, anche in italiano