di Valentina Pontello
 

La gravidanza non sempre porta buone notizie, a volte perché inaspettata e non voluta, altre volte perché ci sono complicanze gravi, come le malformazioni fetali. Una donna si può quindi trovare costretta a richiedere un’interruzione volontaria di gravidanza.

Secondo la legge italiana 194 del 1978 l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) può essere richiesta entro il 90° giorno di gestazione, l’interruzione terapeutica (ITG) entro il 180° giorno.

IVG

Può essere effettuata entro i primi tre mesi (12+6 settimane). È necessario recarsi presso il consultorio di zona per richiedere un certificato (anche i medici obiettori possono rilasciare questo certificato, può essere del ginecologo o del medico di base). Con il certificato, la donna si rivolge all’ospedale per la prenotazione dell’intervento. Generalmente, a meno di situazioni in cui è attestata l’urgenza (ad esempio a ridosso della scadenza utile per l’IVG o per grave stato ansioso), l’intervento è praticato dopo la settimana per consentire un eventuale “ripensamento”.

Come si svolge l’IVG?

L’intervento chirurgico si chiama raschiamento e consiste nell’apertura del collo dell’utero con degli strumenti metallici, fino alle dimensioni per far passare la cannula di isterosuzione. L’intervento si completa con il curettage, che è il grattamento delle pareti uterine con un cucchiaio metallico. L’intervento dura pochi minuti e viene fatto in sedazione (non è una anestesia generale, si dorme tramite un farmaco somministrato per via endovenosa per dare un lieve “addormentamento”). Il ricovero avviene in day surgery, cioè si entra la mattina a digiuno, e si esce nel pomeriggio.

Si può evitare il raschiamento?

Sì, se l’IVG è richiesta entro le 9 settimane (63 giorni), in questo caso è possibile praticare l’aborto medico tramite il mifepristone (o pillola RU486), un farmaco che blocca l’azione del progesterone. La procedura consiste nella somministrazione della pillola, che ferma la gravidanza, e poi nell’applicazione di candelette di prostaglandine, che fanno espellere il materiale. È più simile a un aborto spontaneo, verrà una mestruazione che può essere più abbondante e “grumosa” del solito.

ITG

Può essere effettuata entro il 180° giorno (sesto mese) in caso di grave pericolo per la salute fisica o psichica della madre. In realtà, i progressi della neonatologia impongono un limite a 22 settimane, in quanto i feti nati dopo quest’epoca hanno una possibilità teorica di sopravvivere (se il feto mostra segni vitali, i medici sono obbligati a rianimare). L’ITG può essere richiesta per l’accertamento di malformazioni fetali, ma la legge non prevede una selezione eugenetica, per cui il certificato riporta che la madre avrebbe danni fisici o psicologici dal proseguimento della gestazione. L’ITG può essere richiesta anche per situazioni di rischio psicologico, certificate dallo psichiatra. Può essere il caso ad esempio della giovanissima che si accorge tardi della gravidanza, oppure chi vive in situazioni sociali o familiari di disagio.

L’interruzione di gravidanza oltre le 22 settimane può essere richiesta solo all’estero, in paesi con legislazione permissiva, come Francia e Inghilterra. In questo caso si parla di feticidio, e prevede la somministrazione di cloruro di potassio per fermare il cuore fetale prima dell’induzione del parto.

Come si svolge l’ITG?

La paziente viene ricoverata in ospedale, ed è indotto il parto vaginale, tramite candelette di prostaglandine, applicate ogni 3 ore. L’anestesista provvede a somministrare un analgesico, ma la donna rimane cosciente in tutte le fasi dell’espulsione, anche se non sente dolore. Dopo il parto, è possibile che ci sia necessità di effettuare un raschiamento (in sedazione), se la placenta non è stata espulsa completamente. La dimissione avviene il giorno successivo.

Quanto durano le perdite ematiche dopo un aborto?

Generalmente 7-10 giorni. Se il sanguinamento è persistente o compare febbre, è bene rivolgersi al pronto soccorso ginecologico di zona. La febbre, in particolare, può essere il segno di materiale ritenuto che è andato incontro a infezione. Se questo è il caso, può essere fatto un raschiamento e somministrata terapia antibiotica.

Quanto torna la mestruazione?

La mestruazione dovrebbe comparire entro 30-40 giorni dall’intervento. Il recupero dell’attività ormonale è però variabile, ad esempio situazioni di forte stress lo possono rallentare. In ogni caso, è consigliabile una visita ginecologica dopo un mese.

Potrò avere altri figli, e se sì quando?

L’interruzione di gravidanza non compromette la fertilità della donna. Raramente a seguito del raschiamento si creano aderenze che obliterano la cavità uterina (sindrome di Asherman). In questo caso un intervento in isteroscopia aiuta a risolvere la situazione.

Una nuova gravidanza può essere cercata dopo un paio di cicli mestruali nel caso dell’IVG, e dopo almeno 5-6 mesi per un’ITG. In particolare, nel caso dell’ITG è importantissimo aspettare l’esito di eventuali esami, ad esempio genetici, effettuati sul feto malformato.

E se ora non voglio figli?

Se è stata effettuata un’IVG per una gravidanza indesiderata, è bene rivolgersi al proprio ginecologo o al consultorio di zona per la prescrizione di un contraccettivo sicuro, come la pillola estroprogestinica, l’impianto sottocutaneo o la spirale.

Quali conseguenze psicologiche può avere un’interruzione di gravidanza?

Molte persone si riprendono velocemente, altre hanno bisogno di tempo per elaborare il lutto per la perdita. E’ un’esperienza molto personale, dove è bene non giudicare e non giudicarsi.

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