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  1. Che cos’è la placenta
  2. Posizione della placenta
  3. Funzione della placenta e grado placentare
  4. Laghi placentari
  5. Distacco di placenta

Che cos’è la placenta

La placenta è l’organo deputato agli scambi tra madre e feto: inizialmente l’embrione è costituito solo da poche cellule e si nutre per diffusione, cioè le sostanze nutritive entrano a contatto diretto con le cellule dell’embrione. Successivamente l’embrione cresce e sviluppa la sua circolazione: a partire dalla 4° settimana di sviluppo embrionario (=6° settimana gestazionale) inizia a battere il cuoricino, che pompa il sangue verso la placenta.

La placenta ha la forma di un disco, che aderisce alla parete dell’utero: al suo interno entrano da un lato i vasi materni, dall’altro i vasi fetali. Non c’è contatto diretto tra il sangue materno e quello fetale, ma il passaggio delle sostanze nutritive e dell’ossigeno avviene attraverso una sottile membrana, detta “barriera placentare“. Essa infatti ha il compito di filtrare e “scegliere” le sostanze che passano dalla madre al feto, e dal feto alla madre: verso il feto arrivano ossigeno, zuccheri, proteine e lipidi, il feto rende alla madre anidride carbonica e sostanze di scarto. Quindi la placenta è il polmone della vita in utero.

La barriera placentare, però, non è del tutto selettiva: possono attraversarla anche sostanze dannose, come farmaci, prodotti di combustione del tabacco, agenti infettivi (virus, batteri e parassiti).

Un’altra funzione placentare molto importante è rappresentata dalla funzione endocrina: la placenta funziona come una ghiandola che produce gli ormoni necessari per la gravidanza: estrogeni, progesterone, ormone lattogeno placentare e altri ancora.


Posizione della placenta

La posizione della placenta dipende dal punto in cui avviene l’impianto, cioè dalla sede in cui l’embrione prima aderisce e poi entra nell’endometrio, la mucosa dell’utero, preparata dal progesterone prodotto dal corpo luteo. La placenta potrà quindi essere: anteriore, posteriore, fundica, o laterale, a seconda di dove si è impiantato l’embrione. Questo non fa alcuna differenza per la gravidanza stessa nè per il parto.

 

Bisogna però ricordare che, in alcuni casi, la placenta si può impiantare più in basso del normale: si parla quindi di placenta bassa o di placenta previa.

Nel 5% circa delle gravidanze alle 20 settimane viene segnalata la placenta come “bassa”, la percentuale scende all’ 1% nel corso del terzo trimestre. Infatti man mano che l’utero aumenta di dimensioni, la placenta viene portata via via più in alto, e poche placente sono veramente previe a termine. Pertanto, prima di programmare il tipo di parto (naturale o cesareo) è sempre bene controllare la posizione placentare intorno alla 35-36° settimana.

Infatti una vera placenta previa richiede che il parto avvenga attraverso taglio cesareo, soprattutto nei casi di cosiddetta placenta previa centrale (o previa major), dove la placenta “tappa” il collo, impedendo quindi l’uscita del feto attraverso le vie naturali. Un tentativo di parto vaginale in queste condizioni, infatti, determinerebbe la creazione di lacerazioni nella placenta, con emorragie massive che possono mettere a rischio la salute materna e fetale.


Funzione della placenta e grado placentare

Per valutare la funzione della placenta il parametro più affidabile è senz’altro la crescita fetale: un feto di dimensioni nei limiti per l’epoca con normale quantità di liquido amniotico ha sicuramente una placenta che funziona bene. Nell’ambito dell’ecografia di secondo livello potranno essere valutate anche la flussimetria dell’arteria ombelicale e la flussimetria delle arterie uterine: entrambe esprimono la funzione della placenta, l’ombelicale esplora il lato fetale, le uterine esplorano il lato materno. La flussimetria però non è necessaria nella gravidanze a basso rischio, ma è sicuramente indispensabile nella gravidanza a rischio per ritardo di crescita al fine di monitorare la situazione e scegliere il momento più idoneo per il parto. Per un approfondimento sulla flussimetria vedi la sezione sul ritardo di crescita.

Il grado placentare esprime l’aspetto della placenta, che è un concetto diverso dalla funzione: il grado si distingue in numeri da 0 a 3:  0 è la placenta con aspetto omogeneo, 3 la placenta con calcificazioni ed aree anecogene, la cosiddetta “placenta vecchia” (termine ormai desueto). Infatti trovare una placenta di grado 3 a termine di gravidanza è del tutto normale, ma trovarla ad epoche più precoci si associa talora a disfunzione placentare con ritardo di crescita. Ma il concetto fondamentale è che non ci interessa che aspetto abbia la placenta, ma solo la sua funzione: se è il feto è cresciuto bene, significa che la placenta funziona bene, ed è inutile e dannoso allarmare la paziente solo per l’aspetto della placenta (che, ricordiamo, finirà per essere buttata dopo il parto!).


Laghi placentari

Talora, nei referti ecografici troviamo la segnalazione di “laghi placentari” o lacune vascolari: essi non sono altro che degli spazi in cui il sangue circola più lentamente. A volte possono associarsi ad insufficienza placentare (cioè a ritardo di crescita), ma nella stragrande maggioranza dei casi non hanno nessun significato clinico e rientrano nella normale variabilità degli aspetti placentari


Distacco di placenta

E’ molto importante ricordare che non si deve chiamare distacco di placenta l’emorragia che avviene nei primi mesi di gravidanza, che viene definita più correttamente come “minaccia d’aborto“, che può talora associarsi a un reperto ecografico di ematoma sottocoriale o un distacco amniocoriale (cioè una piccola raccolta ematica, che tende poi a regredire nel tempo e non ha alcun significato sul corretto proseguimento della gravidanza).

Il vero distacco di placenta rappresenta un’emergenza ostetrica: esso infatti può mettere a rischio la salute materna e fetale se non si interviene rapidamente. Si manifesta clinicamente con dolore addominale e perdite ematiche vaginali, talora abbondanti. Un fattore favorente il distacco di placenta è ad esempio l’ipertensione in gravidanza. Di fronte, quindi, a perdite ematiche in gravidanza, è sempre bene rivolgersi al più presto al proprio medico o a un pronto soccorso ostetrico.

Da sottolineare che la diagnosi di distacco di placenta viene fatta sulla base dei sintomi e non dell’ecografia, che spesso non mostra anomalie. Infatti la formazione di un ematoma visibile ecograficamente dietro alla placenta richiede tempo, ma la situazione clinica rende necessario intervenire nei tempi più rapidi possibili. L’ematoma retroplacentare lascia traccia sulla placenta, e sarà poi accertato dall’esame istologico della placenta stessa.

 

Prossimo articolo di questa sezione: come l’impianto placentare condiziona l’insorgenza  della patologie della gravidanza.