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Le infezioni possono arrivare al feto per via ascendente, cioè dalla vagina, per via ematogena transplacentare, oppure per inoculazione diretta (ad esempio nel caso dell’amniocentesi).

La corionamniotite acuta è un reperto comune, che si riscontra nel 20% dei parti normali a termine e nel 70% dei parti pretermine, e può correlare con un maggior rischio di paralisi cerebrale. La corionamniotite acuta è sempre legata ad una situazione infettiva di tipo ascendente, come testimoniato dall’associazione con la deciduite acuta (=infiammazione della decidua, l’endometrio gravidico). L’infezione ascendente può avvenire anche in presenza di membrane integre. I sintomi materni sono rappresentati da febbre, aumento importante dei globuli bianchi, dolore uterino fisso, perdite vaginali maleodoranti, tachicardia materna e fetale. Tali sintomi si presentano solo nel 25% dei casi, nella quota restante la corionamniotite è solo un riscontro all’esame istologico, che rappresenta il gold standard per la diagnosi di questa condizione. Dal punto di vista microscopico si evidenzia la presenza di un infilitrato di granulociti neutrofili nell’amnios e nel corion. Le membrane perdono il loro colore blu traslucido e diventano biancastre ed opache, fino al colore giallo-verdastro nei casi più gravi. La placenta può essere maleodorante. L’infiammazione può associarsi ad emorragie marginali (cioè del bordo placentare), con un aspetto simile a quello del distacco di placenta, ma che se ne differenzia, in quanto la causa è rappresentata dalla deciduite.

L’origine delle cellule infiammatorie può essere materna o fetale: le cellule materne migrano dallo spazio intervilloso verso la cavità amniotica. La formazione di ascessi al di sotto del piatto coriale è un evento raro, mentre possono essere presenti ascessi intervillosi. Nel momento in cui l’infezione arriva nella cavità amniotica, il feto è direttamente esposto, in quanto inala e deglutisce il liquido amniotico. La risposta infiammatoria fetale tuttavia è rara prima delle 20 settimane, quando il sistema immunitario non è ancora competente. Il primo segno dell’interessamento fetale si riscontra comunemente a livello del cordone ombelicale (“funisite”), con coinvolgimento della vena ombelicale, prima delle arterie. La funisite però non significa necessariamente che il feto abbia una infezione o addirittura una sepsi (infezione disseminata). In infezioni prolungate, può avvenire una funisite necrotizzante, cioè con accumulo di cellule infiammatorie a strati intorno alla parete vascolare, calcificazioni, trombosi dei vasi cordonali.

In alcuni casi è possibile identificare al microscopio la presenza di germi specifici, alcuni dei quali possono distinguersi per quadri istopatologici caratteristici (ad esempio la Listeria può dare tipicamente ascessi intervillosi, necrosi villosa, villite acuta, funisite).

La corionamniotite subacuta è una fase successiva, rappresentata dalla degenerazione dei granulociti neutrofili, che vengono sostituiti per la maggior parte da un infiltrato infiammatorio di monociti, linfociti e plasmacellule. Questo è indicativo di una infezione di lunga data, che cioè non è stata sufficientemente aggressiva da provocare un parto immediato.

La villite cronica è costituita dalla presenza di un infiltrato cronico infiammatorio dei villi coriali, e può avere cause infettive oppure sconosciute.

  • Le cause infettive riguardano soprattutto i germi a trasmissione transplacentare (vedi gruppo toxoplasma, rosolia, CMV, etc.). Le cellule infiltranti sono rappresentate da monociti e plasmacellule, mentre mancano i granulociti neutrofili, che caratterizzano, come abbiamo visto, i quadri acuti. I villi tendono ad essere più grandi, e la placenta può avere un peso aumentato. Si osserva la presenza di proliferazione fibroblastica ed endoteliale. Si può associare la funisite necrotizzante. Nel caso del citomegalovirus è tipico il riscontro di cellule con inclusi citoplasmatici (“a occhio di civetta”), infiltrato di plasmacellule e depositi di emosiderina (un pigmento che deriva dalla degradazione dell’emoglobina). La vasculite dei vasi placentari può portare a trombosi e calcificazioni. Il virus herpes simplex (acquisito per via ematogena nel corso di una prima infezione, oppure per via ascendente) può essere causa di un infiltrato di linfociti e plasmacellule, e di tipici inclusi nelle cellule (aspetto del nucleo a vetro smerigliato). Ci possono essere deciduite necrotizzante, necrosi dell’amnios, vasculite cronica, e funisite. La vasculite dei vasi coriali può portare alla trombosi. Il toxoplasma può lasciare come traccia la presenza di cisti nel tessuto subamniotico e coriale e al di sotto della superficie del cordone ombelicale, anche in assenza di segni di infiammazione. Un infiltrato di linfociti e plasmacellule può verificarsi solo quando le cisti, contenenti il parassita, si rompono, e si possono quindi associare a villite granulomatosa necrotizzante. In questi casi, può associarsi la trombosi dei vasi coriali o ombelicali.
  • la villite cronica ad eziologia sconosciuta riguarda circa il 10% delle placente, ma saliamo al 30% se consideriamo i casi con complicanze ostetriche (ritardo di crescita, morte in utero). Sono state fatte diverse ipotesi al riguardo, ad esempio che possa essere legata ad una infezione di origine sconosciuta, ma l’ipotesi più accreditata è che si tratti di una reazione immunitaria materna, simile a quella del rigetto di un trapianto. Ricordiamo, infatti, che il feto è per metà non-self, cioè estraneo al sistema immunitario materno, e che normalmente si sviluppano dei meccanismi di tolleranza della madre verso il feto, senza i quali non sarebbe possibile la gravidanza. In effetti, in questi casi predomina un infiltrato di linfociti T (le cellule deputate all’immunità verso il non-self), che si localizzano soprattutto a livello dell’interfaccia tra tessuti materni e placenta con molteplici focolai. Questa situazione può associarsi a malattie autoimmuni materne, ma sono necessari ulteriori studi al riguardo. Dal punto di vista microscopico si osserva la presenza di un infiltrato di monociti e di linfociti. La villite cronica può assumere gli aspetti di necrosi, per i cambiamenti secondari a ischemia, infarti, trombosi e villi avascolari. Si possono associare alterazioni della maturazione dei villi, deposizione di emosiderina, e corioangiosi (una modificazione placentare che consiste in un aumento del numero di capillari, per compensare una ipo-ossigenazione cronica).

La corionamniotite cronica è una lesione caratterizzata dalla presenza di un infiltrato di monociti, linfociti ed istiociti, ma non di cellule dell’infiammazione acuta (granulociti neutrofili). La diagnosi non dovrebbe essere fatta se si tratta solo di alcune cellule sparse. Dal punto di vista microscopico, nell’80% dei casi può associarsi a focolai di villite cronica di origine sconosciuta. Dal punto di vista clinico, corrisponde a quadri ostetrici ad esito avverso (gestosi, diabete, ritardo di crescita, oligoidramnios).

L’intervillosite cronica è rappresentata dalla presenza di un infiltrato di monociti nello spazio intervilloso (macrofagi e in piccola parte linfociti), con deposizione di materiale fibrinoide a livello intervilloso. Può accompagnarsi alla villite cronica. Questo quadro istologico può associarsi ad abortività ricorrente, ritardo di crescita e morte in utero.