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Le modificazioni vascolari della decidua (=endometrio gravidico) sono per lo più legati ad alterazioni a carico delle arterie spirali, rami terminali delle uterine. La fisiologica conversione delle arterie spirali consiste nella perdita della tunica muscolare, e nell’invasione da parte di cellule trofoblastiche, che assumono un fenotipo endometriale. Questo consente l’adeguamento circolatorio materno alla gravidanza, praticamente le arterie si aprono al flusso di sangue e riducono le proprie resistenze, come testimoniato dalla caduta degli indici di resistenza della flussimetria delle arterie uterine, progressiva nel corso della gestazione.

Diversamente, nel caso di difetto di perfusione placentare, le arterie spirali hanno una mancanza della conversione fisiologica, con persistenza della tunica muscolare e riduzione del lume vascolare. Questo di per sé è causa di riduzione del flusso sanguigno, in base alle leggi dell’emodinamica.

Altre modificazioni associate possono essere rappresentate dalla trombosi, la vasculite, l’aterosclerosi, e la necrosi fibrinoide.

L’aterosi è tipica della pre-eclampsia, ed è caratterizzata dalla presenza di infiltrazione di macrofagi contenenti grasso (=”cellule schiumose”), analogamente alle modificazioni a cui vanno incontro le coronarie, arterie del cuore, quando si verifica un infarto. Al di sopra della placca ateromasica, l’endotelio può degenerare, le cellule muscolari lisce proliferano, restringendo il lume vascolare, e l’esito di questi processi è rappresentato dalla trombosi e dalla necrosi fibrinoide, e quindi dall’occlusione del vaso. In associazione con questi eventi, ci possono essere fenomeni reattivi di tipo infiammatorio cronico (macrofagi e linfociti) intorno ai vasi (vasculite deciduale cronica).

 

Gli infarti placentari consistono nella morte di tessuto villoso per deficit della circolazione materna negli spazi intervillosi. Si presentano macroscopicamente come aree dense e biancastre, e sono piuttosto comuni ai margini della placenta a termine di gestazione, dove è normale una minore irrorazione. Diversamente, se si trovano al centro della placenta, oppure multipli e sparsi, allora sono indicativi di una condizione di ipoperfusione. In effetti, è molto importante che sia valutata la percentuale di tessuto placentare interessata dalle zone infartuata, perché è questo il dato che correla con un eventuale esito avverso. Sono sempre patologici gli infarti riscontrati nel corso del primo o del secondo trimestre. Dal punto di vista microscopico, la zona infartuata può essere circondata da un’area con cellule dell’infiammazione acuta (granulociti neutrofili), ma questo aspetto non dovrebbe essere interpretato come villite. Gli infarti placentari, a differenza degli infarti di altri organi, si presentano come zone di atrofia, e non sono sostituiti da tessuto fibroso.

 

Il distacco di placenta risulta nella formazione di un ematoma retroplacentare. Il tessuto villoso al di sotto degenera formando un infarto, visto che ha perso la sua perfusione ematica. Le conseguenze del distacco di placenta sul feto dipendono dalla percentuale di tessuto che si stacca dall’utero. Talora può essere un fenomeno lento e ripetuto nel tempo, che lascia come esito una ipoperfusione placentare, con ritardo di crescita. In alcuni casi è un fenomeno acuto e drammatico, che porta rapidamente alla morte fetale per ipossia. Macroscopicamente si reperta la presenza di ematoma retroplacentare, che però può anche mancare, se il distacco è stato un fenomeno particolarmente rapido. Infatti, solo successivamente il coagulo si organizza, e si riscontra attaccato al lato materno della placenta. Il tessuto placentare al di sotto diventa infartuato e poi atrofico. E’ importante in questi casi valutare anche le arterie spirali della decidua, che spesso mostreranno i segni di un mancato adeguamento gestazionale.

 

I nodi sinciziali sono aggregati di nuclei trofoblastici all’estremità dei villi coriali. In piccola parte possono presentare un aspetto apoptotico, cioè cambiamenti di tipo degenerativo (le cellule muoiono e si sfaldano nella circolazione materna). La presenza di nodi sinciziali aumenta con l’epoca gestazionale e può raggiungere un massimo del 28% nella placenta a termine di gravidanza. Se una placenta, soprattutto nel feto pretermine, presenta più del 30% di nodi sinciziali, questo è indicativo di una situazione di ipoperfusione placentare. Capiamo quindi come l’interpretazione dei reperti placentari dipenda dall’esperienza dell’anatomopatologo, in quanto quadri normali per il termine di gestazione risultano anomali ad epoche diverse.

 

La maturazione dell’albero villoso è un dato molto importante per interpretare la perfusione placentare. Infatti, come abbiamo visto, la ramificazione e la maturazione progressiva dei villi porta verso una prevalenza di villi terminali nel corso del terzo trimestre, come strutture in grado di mantenere una buona ossigenazione fetale. Una maturazione troppo rapida porta a villi terminali piccoli, con aumento dei nodi sinciziali. Diversamente, se i villi si sviluppano troppo poco si realizza una condizione di ipoplasia villosa, in cui i villi non si sono ramificati a sufficienza, e l’albero villoso presenta un’alta resistenza al flusso ematico fetale, come accade nella situazione in cui la flussimetria dell’arteria ombelicale mostra diastole assente o in reverse flow nel feto con ritardo di crescita. Nel caso di villi ipomaturi i nodi sinciziali sono assenti.

 

I trombi intervillosi (cioè dello spazio intervilloso) sono lesioni riscontrate in una placenta su cinque a termine di gestazione. Rappresentano il segno di una emorragia feto-materna, che può essere stata cospicua soprattutto se sono numerosi o particolarmente grandi. Se c’è questo sospetto, per confermare la presenza di emorragia feto-materna è importante eseguire il test di Kleihauer-Betke, che ricerca i globuli rossi fetali nel sangue materno. Nella maggior parte dei casi, comunque, i trombi intervillosi non hanno significato clinico. Talora, però, sono associati a trombofilia materna o gestosi, e si trovano in relazione a vasculopatia deciduale. I trombi intervillosi macroscopicamente si presentano come una lesione rossa di aspetto lucido, a margini netti. I trombi meno recenti assumono un colore biancastro. Dal punto di vista microscopico si osserva la presenza di un coagulo nello spazio intervilloso, talora con macrofagi all’interno.

L’emorragia intravillosa è legata ad ischemia placentare, con rottura dei capillari. E’ un fenomeno acuto, e può riscontrarsi ad esempio nel distacco di placenta da incidente automobilistico. Si presenta come emorragia all’interno della placenta, ma successivamente si osserveranno modificazioni legate all’ischemia, come il collasso dello spazio intervilloso.

La corioangiosi è una condizione caratterizzata dall’aumento del numero di capillari fetali nei villi terminali, che risulta superiore a più di 10 capillari in ognuno di 10 villi in 10 campi microscopici in aree non infartuate della placenta. Essa rappresenta un meccanismo di compenso ad una situazione di ipossia cronica, come ad esempio ad elevate altitudini, oppure nel caso di anemia materna importante, fumo, gestosi. Si distingue dalla coriangiomatosi, una condizione in cui aumentano i capillari nei villi immaturi, e che è ugualmente associata a gestosi e ritardo di crescita.

Un’eccessiva deposizione di sostanza fibrinoide può essere indicativa di problemi di perfusione placentare, come si osserva nella gestosi e nella trombofilia materna. Si arriva a quadri di deposizione massiva di fibrina perivillosa, in cui la deposizione di materiale fibrinoide sul lato materno della placenta riduce il flusso di sangue nello spazio intervilloso e ostacola l’ossigenazione del feto, con conseguenze che vanno dal ritardo di crescita con oligoidramnios alla morte in utero.

La presenza di trombi nella circolazione fetale è comune soprattutto a carico delle vene della superficie placentare. I trombi possono talora occludere il lume vascolare, ed essere causa di un’area di villi avascolari. Questa situazione si differenzia rispetto all’infarto, in quanto il trofoblasto continua ad essere vitale, poiché è perfuso dal sangue materno nello spazio intervilloso. Nel caso di morte in utero questo tipo di lesione (villi avascolari), legato alla mancata perfusione dal lato fetale, risulta diffusa ed è una conseguenza, piuttosto che la causa della perdita fetale.

Si possono formare trombi nella circolazione fetale, soprattutto venosa, quando si verificano problemi con il flusso attraverso il cordone ombelicale (cordone troppo lungo, o eccessivamente spiralizzato, nodi veri, inserzione velamentosa). L’occlusione del flusso venoso crea stasi ematica, e come conseguenza di questa, danno endoteliale e trombosi.