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La colestasi ostetrica è caratterizzata da prurito intenso in assenza di eruzione cutanea, con esami epatici alterati (aumento delle transaminasi), in assenza di altre cause dermatologiche o epatiche. Regredisce spontaneamente dopo il parto.

La diagnosi avviene su base clinica e laboratoristica:

  • prurito generalizzato, peggiora di notte, e può coinvolgere i palmi delle mani e le piante dei piedi. Il prurito può portare a lesioni da grattamento, e difficoltà nel sonno.
  • aumento o rialzo delle transaminasi, gammaGT, acidi colici (=colalemia), talora anche della bilirubina. Livelli normali di sali biliari non escludono necessariamente la diagnosi. La colalemia può essere misurata random, non necessariamente a digiuno (quando è più bassa) e postprandiale.

La diagnosi differenziale si pone rispetto a:

  • patologie dermatologiche, quali eczema e eruzione polimorfa della gravidanza
  • patologie epatiche: lo screening per le epatiti è essenziale (Epatite A, B, C; CMV, EBV), test per l’epatite autoimmune (ad esempio ricerca degli anticorpi anti-muscolo liscio e antimitocondrio). Utile l’ecografia epatica.
  • patologie ostetriche: pre-eclampsia (aumentano le transaminasi, ma non si accompagna a prurito. La pressione arteriosa è generalmente alta).

La gestione della colestasi ostetrica prevede:

  • controllo delle transaminasi ogni 7-14 gg (a seconda dei valori) e almeno 10 giorni dopo il parto

I rischi della colestasti ostetrica sono soprattutto a carico del feto:

  • parto pretermine, spontaneo o iatrogeno (=deciso dal medico).
  • passaggio di meconio: liquido amniotico “tinto”.
  • morte in utero: il tasso di mortalità è di circa il 6 per mille. Non è chiaro se il livello degli acidi colici correli con il rischio di morte in utero. Non esiste una modalità definita per il monitoraggio fetale. Non è dimostrata l’utilità del monitoraggio cardiotocografico o ecografico, in quanto la morte in utero avviene come evento acuto, senza segni ecografici di insufficienza placentare. La colestasi ostetrica non si associa a ritardo di crescita o oligoidramnios. Tutte le madri con colestasi ostetrica dovrebbero controllare i movimenti fetali, come segno di benessere fetale.

La terapia per la colestasi ostetrica prevede:

  • l’utilizzo di emollienti e di farmaci antistaminici (ad esempio clorfenamina) per ridurre il prurito materno.
  • acido ursodesossicolico: rappresenta il farmaco più usato. La dua funzione è quella di proteggere le cellule epatiche e favorire l’eliminazione dei sali biliari in eccesso. Non è stabilito con certezza se questo farmaco sia in grado di migliorare gli esiti fetali, nè la sua sicurezza per il feto.
  • colestiramina: lega gli acidi biliari. Poco usato nella pratica clinica.
  • desametasone: non è un farmaco di prima linea nel trattamento della colestasi ostetrica.
  • vitamina K in formulazione idrosolubile (10 mg/die): andrebbe somministrata a tutte le donne con colestasi ostetrica, soprattutto in caso di steatorrea (=feci grasse) o aumento del tempo di protrombina. La vitamina K è correlata ai fattori della coagulazione, pertanto la sua somministrazione riduce il rischio di emorragia postpartum ed emorragie neonatali.

Non ci sono dati sufficienti di evidenza scientifica per consigliare un parto anticipato (a 37 settimane) al fine di ridurre il rischio di morte in utero.

In chi ha avuto la colestasi ostetrica l’uso successivo di contraccettivi orali deve essere attentamente valutato.

Il rischio di ricorrenza della colestasi ostetrica in una successiva gravidanza è del 45-90%.

Approfondimenti:

Linee guida Royal College del maggio 2011