di Valentina Pontello

 

La nascita di un bambino porta emozioni gioiose in tutti coloro, che assistono al lieto evento: la madre, orgogliosa di aver partorito, gioisce nell’incontro atteso da mesi, il padre può conoscere finalmente suo figlio, guardarlo e toccarlo, l’ostetrica o il ginecologo, che hanno facilitato il parto, sentono che il loro compito si è quasi del tutto completato (manca infatti solo l’espulsione della placenta). L’unico a non gioire sembra proprio il piccolo protagonista: il neonato, che piange disperato, a volte con lacrimoni, e sembra chiedersi dove sia finito.

Il ginecologo francese Frederick Leboyer fu forse il primo, nel corso degli anni 70, a proporre il parto dal punto di vista del bambino, di cui parla nel libro “Per una nascita senza violenza”, che ha rivoluzionato il modo di trattare i neonati nell’immediato post partum nelle maternità di tutto il mondo occidentale.

Il bambino è un viandante che viene da un lungo viaggio: dopo mesi nell’ambiente confortevole dell’utero materno, viene stretto in un tunnel angusto, da cui “viene alla luce”. L’ambiente al di fuori porta per lui grandi cambiamenti: la luce è accecante, i suoni sono udibili molto forti e non più ovattati per l’intermezzo del protettivo grembo materno. Leboyer afferma che possa essere utile abbassare le luci e il tono della voce (cosa che istintivamente viene a tutte le mamme) per non spaventare eccessivamente il neonato. Assolutamente sconsigliate quindi le foto con il flash (da allertare i padri troppo solerti, che a volte arrivano muniti di apparecchiature da ripresa da far invidia a un’equipe della RAI).

Il posto migliore per lui appena nato è stare al caldo sopra la pancia della sua mamma, evitando quindi il taglio precoce del cordone (che ancora per alcuni minuti pulsa, portando nutrimento attraverso la placenta), e di metterlo su fredde bilance. Se il bambino sta bene, i primi controlli di routine possono essere rimandati a momenti successivi, quando il neonato si è tranquillizzato.

Favorire l’attaccamento precoce al seno ha implicazioni importanti sulla qualità della relazione madre-bambino e su come il neonato si sentirà accolto. Le prime gocce di colostro gli conferiscono le difese necessarie, ora che non si trova più in un ambiente privo di germi come l’utero materno.

Una volta rasserenato e consolato, si potrà procedere ad esempio a fare il bagnetto, magari coinvolgendo il papà: il bambino, trovandosi in un liquido caldo, che ricorda il grembo materno, si può rilassare e sentire leggero, godendo della scoperta della libertà dei movimenti, che era impedita dall’ambiente ristretto dell’utero.

Ambiente ristretto, che comunque per lui resta un confortante punto di riferimento: i neonati (e poi i bambini piccoli) amano essere contenuti fisicamente nelle braccia amorevoli e calde dei genitori. Non è quindi da considerarsi una brutta abitudine quella di voler stare in braccio per un bambino di pochi mesi, ma solo un pregiudizio culturale tipicamente occidentale, che rifiuta lo stile di accudimento ad alto contatto.

Consiglio a tutte le future mamme la lettura del libro di Leboyer, poetico e a tratti mistico.