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Ecografia e diagnosi prenatale Patologia della gravidanza

La terza ecografia ostetrica non sarà più gratuita

I nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) approvati nel gennaio del 2017 e pubblicati in Gazzetta Ufficiale il 18 marzo dello stesso anno, tolgono l’esenzione per l’ecografia del terzo trimestre. I motivi di questa scelta sono molteplici, non solo per un risparmio sanitario (come sembra ovvio), ma anche per la presunta inutilità di questo esame, come suggeriscono i dati di letteratura.

Nei paese anglosassoni, le ecografie di screening, cioè di routine a tutte le gestanti, sono due: il test combinato (o duo test) e l’ecografia morfologica delle 20 settimane. Ulteriori controlli ecografici sono previsti solo nei casi ad alto rischio, quali patologie materne preesistenti, precedenti nati di basso peso, oppure sospetto ritardo di crescita.

La domanda sorge spontanea: senza terza ecografia, come si può sospettare una crescita ridotta?

L’ostetrica esamina la dimensione della pancia della gestante, misurata in decubito supino (ma con leggera inclinazione su di un lato): la lunghezza sinfisi-fondo è la distanza tra la sinfisi pubica (cioè la parte alta dell’osso del pube) e il fondo dell’utero. Tale misurazione viene annotata nella cartella ostetrica e riportata su di un grafico apposito. Se il valore esce dai valori attesi, in quel caso sarà richiesta un’ecografia di conferma. Non sempre però il dato è affidabile, soprattutto nella donna con grossi fibromi o nel caso di eccessiva quantità di liquido amniotico (polidramnios).

Perché togliere la terza ecografia?

Perché è un parametro non attendibile della crescita fetale, in quanto identifica solo fino al 30% dei casi di ridotta crescita. I casi più gravi di ritardo di crescita si verificano prima delle 32 settimane, spesso con sintomi di gestosi. Diversamente, il ritardo di crescita tardivo si verifica più tardi di questa tempistica, ed è molto difficile da diagnosticare, sebbene sia responsabile di circa la metà delle morti perinatali. Per avere una valutazione accurata della crescita, si dovrebbe quindi non togliere la terza eco, ma addirittura inserirne un’altra, da fare intorno alle 36 settimane.

Un altro motivo per togliere la terza ecografia può essere quello di liberare risorse economiche per le prime due ecografie, soprattutto nelle realtà territoriali dove trovare appuntamento a tutte le gestanti può essere difficile.

Inoltre, molte gestanti sono seguite dal ginecologo privato anche dal punto di vista ecografico, oppure fanno privatamente uno o più esami aggiuntivi a scopo ludico, come l’ecografia 3D. Spesso la donna nel corso dei tre mesi esegue molte più ecografie di quanto necessario, ma è importante distinguere se si tratta di ecografia office (cioè valutazione semplice, solo di battito cardiaco fetale, posizione, placenta), oppure se sono esami refertati in modo completo, con biometria e stima del peso. Sembra una banalità, ma non tutti i ginecologi sono anche ecografisti, anche se usano un apparecchio ecografico.

Perché non andrebbe tolta la terza ecografia?

Perché togliendo la terza ecografia si toglie necessariamente la capacità di identificare le anomalie evolutive, cioè quelle malformazioni, che non sono presenti alle 20 settimane, ma per motivi di sviluppo si possono vedere solo nel terzo trimestre. Alcune di queste anomalie comprendono: microcefalia e altre anomalie cerebrali di sviluppo, alcune malformazioni ostruttive delle vie urinarie e dell’apparato gastrointestinale, patologie delle valvole cardiache, nanismo. Patologie certo rare, ma non inesistenti.

Inoltre, si creerà una disparità tra chi si potrà permettere un’ecografia in più a pagamento e chi invece non avrà le risorse per farlo. Questa disuguaglianza è contraria ai principi di universalità del Sistema Sanitario Nazionale Italiano, che tutela in modo particolare la gravidanza, garantendo un percorso completamente gratuito per tutti.

Infine, ci si avvicina a un modello ostetrico di assistenza di tipo anglosassone, che è ben noto avere un tasso di mortalità perinatale oltre il doppio rispetto alle nostre realtà (5-6 per mille contro il 2-3 per mille dell’Italia).

Se è un passo indietro, cosa si può fare? Ora e negli anni a venire sarà sempre più importante poter fare una valutazione all’inizio della gravidanza riguardo al rischio della singola paziente, in modo da poterla indirizzare verso un percorso adeguato. E questo non solo in base alle caratteristiche materne (età, storia ostetrica, fumo, patologie intercorrenti), ma anche grazie allo screening per la preeclampsia, che seppure con dei limiti, può aiutare a identificare le donne a maggior rischio di ritardo di crescita.

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